È normale vedere gatti acciambellati dormire profondamente, ma anche il cavallo o l’elefante, che possono dormire in posizione eretta. Persino gli insetti alternano periodi di attività e riposo, e in una qualche misura, tutti gli animali più evoluti dormono.
Se accettiamo la teoria evolutiva, il sonno deve quindi servire a qualcosa di cruciale alla vita, altrimenti l’evoluzione non l’avrebbe selezionato come caratteristica da tramandare pervasivamente fra le specie animali. Il problema è appunto a cosa serva, perché sappiamo che una riduzione parziale del sonno, di qualche ora, non ha grandi effetti, facendo pensare che il sonno privato non abbia una funzione ristoratrice sull’efficienza dell’organismo.
Alcune teorie sostengono addirittura che gli animali diurni dormano di notte perché inadatti ad agire al buio e facile preda dei predatori. Pensate ad un uomo preistorico che anziché nascondersi in una grotta andasse a caccia al buio: se non dai predatori rischierebbe di uccidersi da solo, magari cadendo in un burrone. Il fatto che se non dormiamo siamo sonnolenti non significa che il sonno sia utile al funzionamento dell’organismo, perché la sonnolenza potrebbe essere il mezzo con cui agisce il nostro istinto a dormire e ci impone di essere seguito. Eppure la privazione totale di sonno, come quella che si ottiene tenendo forzatamente svegli dei topolini, comporta degli effetti devastanti, fino a determinare la morte delle cavie. Questo fa pensare che il sonno sia implicato in qualche modo con l’efficienza dell’organismo. Potrebbe ad esempio conservarne l’energia, impedendo che gli animali consumino più di quanto possono produrre. Oppure potrebbe ristorare l’organismo, riparare qualcosa che si è alterato nella veglia.
Quest’ultima possibilità è sostenuta dalle teorie ristorative, e trova un certo sostegno empirico nell’osservazione che durante erti momenti del sonno diverse funzioni biologiche ‘riparatorie’, come la divisione cellulare, sono incrementate nel sonno, e la quantità di processi anabolici, ovvero di sintesi di composti organici, è correlata al sonno a onde lente, il sonno profondo. Il sonno profondo, in una nottata, in effetti è tanto più presente quanto più si è stati svegli, portando a supporre che sopravvenga per compensare gli effetti della veglia.
Nella seconda parte della notte il sonno a onde lente è poco presente, e se veniamo privati di quelle ore di sonno gli effetti sono minimi, facendo pensare che il primo sonno abbia effetti ristoratori, e l’altro sia opzionale, nella dizione di Horne, che vi contrappone quelle nucleare, il sonno ristoratore.
Forse come spesso accade con le astrazioni, le teorie citate sono tutte un po’ vere, e se il sonno è parzialmente ristoratore, la parte opzionale potrebbe essersi evoluta per farci risparmiare energia o per farci passare la notte al riparo, motivo per cui il ciclo sonno/veglia e regolato dall’alternanza sole/buio.
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