In un articolo precedente è stato l’interrogativo forse più importante sul sonno: a che serve dormire? Un modo piuttosto diretto per rispondere al quesito è quello di impedire alle cavie di dormire, misurando gli effetti della privazione di sonno sul loro organismo.
Una serie lunga di studi su animali, a partire dalla fine del diciannovesimo secolo (per esempio Mancéine 1894, oppure Bunch, 1946), mostra degli effetti abbastanza ricorrenti.
Le cavie cui veniva impedito di dormire, verso il quarto o quindo giorno presentavano delle variazioni della temperatura corporea, una riduzione dei globuli rossi, le cellule del sangue che ci permettono di respirare, ulcere cutanee ma anche alla corteccia del cervello, ma sono state osservate anche alterazioni su vari organi interni, alterazioni degli ormoni dello stress, con il risultato comportamentale di avere animali più stressabili e ‘nervosi’, fino ad arrivare alla morte, che avveniva fra raramente nei primi giorni e più frequentemente dopo il decimo giorno.
Sembra quindi che nelle cavie da laboratorio, la mancanza di sonno possa veramente uccidere! Un difetto di questi studi era che non riuscivano a capire se e quali degli effetti osservati fossero dovuti alla mancanza di sonno, e quanto invece incidesse il modo con cui le bestiole venivano tenute sveglie.
Ad esempio erano costrette a correre per giorni su un tapis roulant, oppure frequentemente scossi da scariche elettriche. Nell’uomo non è stato possibile spingersi a lunghi periodi e effetti mortalmente estremi, per ovvie ragioni, però ci sono diversi esperimenti interessanti, con privazioni fino a undici giorni. È il caso di Randy Gardner, uno studente diciassettenne della California.
Al secondo giorno dell’esperimento si presentarono dei disturbi visivi, già al terzo giorno sbalzi d’umore, problemi di linguaggio e di coordinazione motoria, oltre a nausea, sonnolenza, distraibilità, colpi di sonno e scarsa socievolezza. Al quinto giorno però i disturbi regredirono, come è stato verificato anche da altri studi, fino a parlare di ‘svolta del quinto giorno’. I disturbi poi ripresero e crebbero fino al decimo e undicesimo giorno in cui il ragazzo cominciò a delirare pensando che lo si volesse far passare per pazzo perché dimenticava le cose. A quel punto l’esperimento fu sospeso, ma risultati molto simili sono stati trovati in studi di minor durata, suggerendo che questi descritti siano in linea di massima gli effetti a breve termine della privazione totale di sonno.
È buffo notare che la mancanza di sonno non solo ha portato ha visibili impedimenti ma anche un effetto positivo: in un vecchissimo studio (Patrick e Gilbert, 1896) trovarono che il loro soggetto aveva un’acuità visiva migliorata, ovvero vedeva meglio i dettagli. Se abbiamo capito, da un lato, che il sonno è importante, non sappiamo se eventualmente un tipo di sonno è importante per evitare gli effetti della privazione. Sapendo infatti che ci sono vari tipi di sonno caratterizzati da parametri fisiologici diversi, tutti infatti hanno sentito parlare del sonno REM, si potrebbe supporre che abbiano un’utilità diversa, ma lasciamo questo argomento per un altro articolo.
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